Chiedere “scusa” quando si è commesso un errore è difficile, generalmente perché ci gratifica sentirci efficaci nelle relazioni con gli altri e ciò rende l’idea che abbiamo di noi stessi robusta. Dovere ammettere di avere commesso uno sbaglio, equivale ad una dichiarazione di incapacità nel sostenere tale idea, piena e strutturata, rispetto alle nostre capacità relazionali.
Il nostro campo sociale è ricco di variabili che vanno oltre le persone stesse che lo animano, ci sono per esempio: i desideri, le aspettative, l’idea di me che desidero offrire all’altro, e molto altro ancora. Tenuto conto di tali variabili, è comprensibile come, quando commettiamo un errore, deludiamo, non tanto l’altro, quanto “la relazione” ed in particolare l’idea che ho di “me con l’altro”.
D’altra parte, per alcune persone, ricevere le scuse dopo un errore commesso, diviene la conferma di una vittoria annunciata, ed a volte rispondono con presunzione e gongolando. Tale restituzione, anche se verosimile, è comunque temuta, a tal punto da creare ancora maggiore rigidità nella possibilità di scusarsi.
L’empasse, dettato dall’orgoglio, si supera facilmente quando si riporta al centro del perdono l’importanza e la centralità della relazione instaurata, più della individualità e della immagine personale.
Il presupposto fondamentale, per salvare un rapporto di qualunque natura, è ritenere di maggiore importanza l’avvicinamento all’altro, effettuato anche attraverso le scuse.
A volte in queste situazioni anche il percorso psicoterapeutico può agevolare la comprensione delle cause di un litigio e le motivazioni sottese, sostenendo il cambiamento e la ridefinizione del sé. Tale progetto di esplicitazione e chiarimento èpraticabile non solo all’interno di un percorso strettamente individuale, ma anche di coppia.
In particolar modo, la relazione terapeutica evita alla persona la rimuginazione mentale, dettata dalla solitudine che tende spesso ad inasprire le prese di posizione, rendendo più complesso poi il cambiamento o le riconsiderazioni.
L’ausilio esperto permette il chiarimento delle diversità tra le parti che offrono l’attrito, le motivazioni che spingono al conflitto ed alla chiusura.
Si può infatti lavorare verso una apertura, non solo verso l’altro, ma in particolare verso una maggiore consapevolezza di sé: ciò vuol dire fornire all’individuo un allargamento dei propri confini personali e relazionali, una estensione delle modalità di lettura delle situazioni ed una implementazione delle competenze relazionali.
Volendo proporre tuttavia un suggerimento immediato a chi legge, qualcuno probabilmente vive una situazione di conflitto o ha in mente qualcuno con cui spesso si spinge fino a contrasti, esiste una tecnica semplice, utilizzabile ad esempio sia con le coppie che nella relazione verticale genitori-figli, che consiste nel“mettersi al posto di”.
Si gioca sui ruoli, proponendo agli attori del conflitto di mettere in scena l’origine dell’attrito e le relative posizioni assunte. Tuttavia si invitano le parti in buona sostanza a promuovere la “tesi” dell’altro, impersonandone i panni in maniera convincente, anche imitando pur con rispetto.
Questa situazione di gioco crea di per sé ilarità, ed a volte, se ben gestito, è un primo modo per mitigare la condizione di rigidità ed invitare al confronto pacifico.
Inoltre affrontando un confronto nuovo, recitando “nei panni di”, al termine si rivela più semplice capire i reciproci comportamenti ed atteggiamenti, aprire il dialogo e trovare un punto di incontro.
Così, attraverso l’auto strategico dell’altro, si può giungere ad una chiarificazione sull’origine dell’errore e la buona fede delle diverse posizioni, ripristinando il dialogo e bloccando l’eco dell’insistenza delle ragioni, dettate dal bisogno di tenere ancora in debita considerazione le proprie idee.
Dopo un’esperienza pratica come quella appena illustrata, consegnare le proprie scuse all’altro, dato che ci si è realmente resi conto dell’errore, restituisce alla relazione apertura e maggiore intimità.
Gestire la conflittualità attraverso la ricerca di scuse autentiche, reindirizza la relazione verso un punto di maggiore crescita, dove difficilmente trovano spazio emozioni quali: risentimento, desiderio di rivalsa o rabbia per un torto subito.
Nell’ambito di una attenta analisi critica è opportuno inoltre ricordare quali potrebbero essere le insidie più comuni ad un percorso di cambiamento e crescita basato sul confronto, è necessario infatti evitare atteggiamenti quali: mancanza di disponibilità nel tenere in considerazione il punto di vista dell’altro, essere valutativi, addurre supposizioni ed interpretazioni, mancare nel senso del limite, interrompere l’altro, non ascoltare, amplificare il conflitto.
In un clima di comunicazione attiva, che salvaguardi i diritti e le legittime esigenze, essere capaci di rendere delle scuse puòessere occasione per sperimentare soluzioni costruttive che invitano alla comprensione delle opposizioni ed alla crescita personale oltre che relazionale, rendendo il nostro Ego un adulto consapevole.
Le scuse in realtà sono un dono costoso, tuttavia rappresentano non solo un complimento al nostro “Io” ma anche una particolare attenzione a quello altrui.
Dott.ssa Di Rosa Omaira
Specialista in Psicologia e Psicoterapia
MODICA (RG) Via nazionale, 294
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