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Perchè curare le vene varicose

Quelle formazioni tubulari bluastre che compaiono sulle gambe sono in realtà delle vene sfiancate e non più funzionanti che possono portare a problemi seri, quali flebiti e ulcere, e possono dare fastidio continuo in termini di pesantezza e gonfiore alle gambe.

Cosa fare se si è affetti da questa patologia? Beh, ovviamente rivolgersi a uno specialista che potrà consigliare la terapia più adatta dopo una valutazione clinica e strumentale (ecocolordoppler). Ma ricordate che le vene varicose sono una patologia “chirurgica”, ossia che si risolve essenzialmente con un intervento e con terapie alternative di tipo parachirurgico. Quindi, se lo specialista vi consiglia di farvi trattare, non fate come quelle signore ultraottantenni che vengono da me con ulcere e flebiti varie, rammaricandosi di non aver dato retta al medico che aveva consigliato loro di togliersele: dategli retta! E non abbiate paura: la toppa non è mai peggio del buco!

Oggi la chirurgia delle varici si effettua in anestesia locale e in regime di day-hospital con un pieno ritorno alle proprie attività lavorative entro pochi giorni. Passiamo quindi ai dettagli.

ANATOMIA DELLE VENE
Le vene sono tubi che riportano il sangue dai tessuti al cuore perché possa passare nei polmoni e ossigenarsi. Il sangue, dopo essersi disperso in miliardi di rivoli, i capillari, perde la spinta della contrazione (battito) del cuore e per muoversi nelle vene sfrutta, tra le altre, l’azione delle valvole. Queste sono strutture ad “ali di gabbiano” che permettono il passaggio del sangue in due sole direzioni, ossia dalla periferia al cuore e dalla superficie alla profondità.

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Negli arti, ma anche in altri distretti, vi sono due sistemi di vene: il profondo, che trasporta il 90% del sangue, e il superficiale che si fa carico della restante quota. Nell’arto inferiore il circolo profondo è costituito dalle vene tibiali e peroniere, dalla poplitea e dalla femorali. Il circolo superficiale è, invece, formato da tante piccole vene e dalle safene, due per arto, una interna che va dall’interno della caviglia all’inguine e una esterna che va dall’esterno della caviglia alla piega del ginocchio.

COME SI DEFINISCE UNA VENA VARICOSA?
Una vena è considerata varicosa quando perde la sua funzione valvolare. Ossia, le valvole perdono efficacia e il sangue non va più nella direzione desiderata ma inverte il flusso tornando verso il basso. Questo fa sì che tutte le valvole smettano di funzionare e la vena si dilati e con essa i suoi rami collaterali. Da qui le ramificazioni superficiali sotto pelle che si osservano negli arti affetti da varici. Quando una safena, perché di solito di questa si tratta, diviene varicosa, è il momento di agire.

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PERCHE’ CURARE LE VENE VARICOSE?
Le vene varicose non sono un problema estetico se non secondariamente. E un esempio calzante per spiegare questo fatto è rappresentato dalla tiroide: se la asporto chirurgicamente quando è molto ingrossata, elimino in primis la malattia ma contemporaneamente tolgo di mezzo l’antiestetico gozzo che il paziente non riesce più a nascondere. La varici sono una malattia a tutti gli effetti che, se non curata, prevede nel tempo un peggioramento e delle complicanze.

Il meccanismo del peggioramento è facile da intuire e consiste nella moltiplicazione e nell’accrescimento dei “bozzi” sulle gambe sino al raggiungimento di quadri a “carta geografica fisica tridimensionale”, ossia un insieme di pianure (cute normale), fiumi (vene non rilevate e capillari), colline (vene poco rilevate), montagne (vene rilevate) e depressioni (aree di alterazione permanente della cute) di colore variabile dal rosa pallido al blu.

Dall’altro lato, le complicanze non sono rare. Le più frequenti ed immediate sono le flebiti cui possono far seguito alterazioni della cute ed ulcere difficili da trattare. La flebite è un evento certo nella storia della malattia varicosa. L’unico dato incerto è il tempo che passa prima che questa faccia la sua comparsa. Se una flebite è “programmata” per svilupparsi al compimento dei 148 anni di età, chiaramente il soggetto non avrà il tempo di sperimentarla ma di solito non è così. Chi soffre di varici ha una probabilità 20 volte maggiore rispetto alla popolazione esente dalla malattia di soffrire di una flebite. In seguito alle flebiti, più o meno clinicamente importanti, la cute soffre e con il passare del tempo si crea un cratere che si definisce ulcera. A quel punto tutto si fa più difficile e le cure sono lunghe e fastidiose.

Sulla scorta di quanto detto, quindi, il perché curare le vene varicose diviene facilmente comprensibile.

TRATTAMENTO DELLE VENE VARICOSE
Il trattamento delle varici è un atto di “prevenzione secondaria”. Mi spiego. La “prevenzione primaria” è quella che serve a non far comparire una malattia (non fumare, fare attività fisica, avere una dieta bilanciata, non esporsi alle radiazioni o all’amianto e così via) mentre la “prevenzione secondaria” è quella che si effettua a malattia presente per prevenirne l’evoluzione e/o le complicanze. Così, trattando le varici mi metto a riparo dalle flebiti e dalle ulcere.

La terapia delle vene varicose prevede alcune soluzioni, tra cui le più valide restano la chirurgia e la scleroterapia.
La chirurgia può essere praticata con il metodo tradizionale, con il laser e con la radiofrequenza.
Il metodo tradizionale prevede un intervento che si esegue in anestesia locale, più eventuale sedazione nei soggetti più ansiosi, e in day-hospital con incisioni limitate e suture estetiche.
Il laser e la radiofrequenza constano delle stesse procedure della chirurgia tradizionale ma si eseguono utilizzando mezzi tecnologicamente avanzati e, aggiungerei, piuttosto costosi.

La scleroterapia può essere praticata in modo classico, tramite l’uso della scleromousse, del laser o della radiofrequenza. Il metodo classico e la scleromousse si avvalgono di liquidi che, irritando la parete delle vene, ne determinano la chiusura. Si effettuano in sedute che durano dai 5 ai 15 minuti e il paziente non dovrà indossare una benda o calza elastica per qualche giorno. Il laser e la radiofrequenza fanno ricorso alla luce laser o alla radiofrequenza e non prevedono uso di mezzi contenitivi, sebbene i risultati siano ottimi solo in mani molto esperte e con apparecchiature avanzate.
Tutte queste terapie comportano il ritorno alle normali attività in tempi brevi, quasi nulli per la scleroterapia, con modesti disagi e dolore quasi del tutto assente.
Ovviamente la prima cura resta la prevenzione.


Dott. Maurizio Di Giacomo

Chirurgo vascolare

Studio medico

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