LA MANCANZA DI FERRO È ANCORA OGGI UN PROBLEMA COMUNE E SPESSO SOTTOVALUTATO NEL SESSO FEMMINILE

Oggi la valorizzazione delle necessita’ e delle specificita’ delle donne sono un argomento di moda. Le peculiarita’ del sesso femminile sono da valorizzare non solo in ambito domestico ma anche e soprattutto nel lavoro. Degli ostacoli che si frappongono alla completa realizzazione femminile, alcuni, come quelli culturali, sono difficili da appianare ma talora anche situazioni mediche come la carenza marziale possono compromettere sul piano fisico e mentale le performance femminili e cio’ piu’ comunemente di quanto si creda.
La mancanza di ferro è in effetti frequente nel sesso femminile, dal 10 al 20% delle donne ne soffre. E’ un patologia che necessita trattamento e anzi la prima cosa da chiarire è quella che bisogna trovare una soluzione e che la mancanza di ferro non va’ mai considerata come una stimmata costituzionale da accettare perché non modificabile. Nella mia pratica clinica ricordo vari casi di pazienti che dopo uno, due o tre tentativi terapeutici infruttuosi sul piano dei risultati clinici si convincevano che il loro era un caso irrisolvibile da accettare con rassegnazione e per sempre in quanto cronico.
La mancanza di ferro non provoca solo anemia. Essa invece influenza in maniera negativa tutte le cellule dell’organismo, dai capelli alle unghie al sistema nervoso centrale, riducendo significativamente le capacità di lavoro e aggravando eventuali patologie coesistenti. Se si considera che il 10% delle donne va incontro a carenza marziale e che le capacita’ di lavoro mentale e fisico di questi soggetti si riducono sostanzialmente allora risulta facile comprendere che si tratta per certi aspetti di un problema sociale con ricadute anche economicamente importanti proprio per la sua elevata frequenza.
In effetti bisogna chiarire alcuni aspetti che spesso non sono ben focalizzati. In primo luogo se manca il ferro, dopo dosaggio di sideremia ma anche della ferritina, è il ferro che va’ somministrato. Poco servirà aumentare l’introito di carne, va’ invece prescritto il ferro.
Bisogna anche sfatare alcune intendimenti errati che sono frequenti, per esempio che il portatore sano di beta-thalassemia non debba essere trattato con ferro perche’ la condizione di portatore sano è sinonimo di eccesso marziale. Questo non è corretto, se sideremia e ferritina sono entrambi sotto i valori minimi della norma anche il portatore sano di thalassemia deve ricevere trattamento marziale.
Ma vanno anche chiarite le cause che hanno portato alla carenza di ferro. Nella maggioranza dei casi i tentativi infruttuosi con preparati di ferro hanno la loro motivazione nella contemporanea presenza di un eccesso di perdite nel periodo menstruale. E’ logico che se perdite menstruali ammontano a 200-300 ml al mese, perchè il ferro assunto le reintegri sara’ necessario un periodo di tempo prolungato e un dosaggio piu’ elevato. Ma anche una terapia che miri alla riduzione del flusso anormale potrebbe essere indispensabile. Di fronte ad un fallimento di una terapia marziale quindi bisogna interrogarsi: il dosaggio di ferro prescritto era sufficiente ? il periodo di somministrazione sufficientemente prolungato ? la perdita menstruale è stata valutata e se del caso sono stati messi in atto tutti gli accorgimenti per ridurla? Esistono altre cause come per esempio un sanguinamento intestinale cronico?
A questo riguardo un aspetto semplice ma molto importante e che perciò deve sempre essere messo in atto è la ricerca del sangue occulto nelle feci, una analisi che se positiva suggerisce la necessita’ di indagini endoscopiche intestinali alla ricerca di una possibile fonte di sanguinamento.
Esistono poi fibromi uterini che si associano a flussi abbondanti ed in loro presenza un trattamento chirurgico deve essere considerato dal ginecologo anche tenendo conto della età della paziente.
Un’altra opinione diffusa ma errata è che siano comuni deficit di assorbimento del ferro, il paziente con malassorbimento va incontro piuttosto a deficit vitaminico e ad anemia carenziale e se sideropenico lo diventa perche’ la patologia di cui soffre determina una accentuazione della esfloliazione cellulare dall’epitelio intestinale con aumento delle perdite di ferro. Comunque bisogna ricordare che la celiachia è una condizione di intolleranza al glutine e che si associa spesso a sideropenia.
Il trattamento con ferro deve avere una durata di molti mesi e deve puntare non soltanto alla correzione della anemia ma anche al reintegro delle scorte fino al raggiungimento dei normali valori di ferritina.
Solo di rado, se tutti questi aspetti sono tenuti in considerazione ed indagati a fondo, la terapia orale mostra reali fallimenti e si pone l’indicazione ad una terapia endovenosa. Terapia endovenosa che è quindi una terapia di seconda scelta da intraprendere solo a ragion veduta, di fronte al chiaro fallimento della terapia orale. E ciò proprio in quanto la terapia endovenosa è gravata da effetti collaterali indesiderati rari ma che possono anche essere gravi.
Questo a trova oggi maggiore motivo per il fatto che sono disponibili preparati orali a base di ferro liposomiale molto efficaci anche a dosi relativamente basse e soprattutto di eccellente tollerabilità gastrointestinale.

Dr Giuseppe Milone
Ematologo in Catania

 

 

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