Omega-3
Gli omega-3 (o PUFA n-3) sono una categoria di acidi grassi essenziali (ai quali appartengono anche gli omega-6), indispensabili per il corretto funzionamento dell’organismo. Sono noti soprattutto per la loro presenza ed il mantenimento dell’integrità delle membrane cellulari. Talvolta sono raggruppati come vitamina F (dall’inglese fatty acids).
L’origine del nome
Il nome di questi composti deriva dalla posizione del primo doppio legame iniziando il conteggio dal carbonio terminale (Carbonio ω ovvero Carbonio n). Contando dal carbonio ω, il primo doppio legame che si incontra occupa il terzo rango, da cui il termine omega-3 .
Gli acidi grassi omega-3 sono detti polinsaturi a causa del fatto che la loro catena comprende vari doppi legami.
I principali acidi grassi del gruppo omega-3 sono:
L’acido α-linolenico o ω3 a(18:3; ALA)
L’acido eicosapentaenoico (20:5; EPA)
L’acido docosaesaenoico (22:6; DHA)
Queste due sostanze (EPA e DHA) si trovano solo nel plancton e da lì entrano nella catena alimentare, in conseguenza sono presenti solo nei pesci ed in piccola parte negli animali che vengono nutriti con farine di pesce. Gli omega-3 sono presenti in diverse varietà di pesci (aringa, salmone, sgombro, pesce spada, acciuga, trota), negli olii di origine vegetale (soia, girasole, oliva, lino, canapa), nelle noci e nei legumi.
Ora vediamo gli studi che hanno dato risultati incoraggianti sul maggiore utilizzo di questi grassi nella nostra alimentazione.
Lo studio GISSI Prevenzione ha valutato in pazienti che già erano stati colpiti da un infarto l’efficacia di una terapia con acidi grassi poliinsaturi omega-3, con vitamina E, e con pravastatina, nel ridurre la mortalità o l’incidenza di un secondo infarto, evidenziando una riduzione della mortalità del 20% nei pazienti trattati con omega-3. Nell’arco di tempo in cui si sono svolti questi studi la mortalità ospedaliera per infarto miocardico è stata ridotta di circa il 30%.
Da uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Clinical Psychiatry dai ricercatori del New York State Psychiatric Institute di New York (Usa) emerge che gli omega-3, in particolare l’EPA, potrebbero influenzare positivamente l’umore, riducendo i sintomi della depressione.
Gli autori hanno esaminato i risultati di 15 studi riguardanti il rapporto tra il consumo di omega-3 e i disturbi dell’umore. Le ricerche, condotte tra il 1960 e il 2010, hanno coinvolto 916 partecipanti. Analizzandole, gli studiosi hanno scoperto che assumere tra 200 e 2.200 mg al giorno di Epa aiuta a contrastare la depressione primaria. L’acido docosaesaenoico, invece, non sembra in grado di determinare gli stessi benefici. Secondo gli esperti, l’Epa riesce a influenzare positivamente l’umore perché riduce i livelli d’infiammazione nel cervello.
Altro studio dei ricercatori dell’Universidade Federal Fluminense di Niterói (Brasile), condotto sui ratti, sono giunti alla conclusione che l’assunzione di semi di lino,principale fonte vegetale di omega 3, durante la gestazione influenza l’incorporazione degli acidi grassi Omega-3 nel cervello del feto e contribuisce a uno sviluppo cerebrale migliore.
Per farlo, hanno determinato il peso del cervello nonché l’incorporazione di Omega-3 nel cervello di ratti partoriti da madri alimentate con o senza semi di lino.
Le 18 madri coinvolte nell’esperimento sono state divise in 3 gruppi:
al primo è stata fornita una dieta contenente semi di lino e caseina;
al secondo è stata data solo caseina.
il terzo è stato alimentato con caseina, fibre e olio di soia.
I ricercatori hanno valutato il peso del corpo e del cervello dei ratti immediatamente dopo la loro nascita.
Nei diversi neonati non è emersa alcuna significativa differenza di peso corporeo. Di contro, la massa cerebrale dei ratti nati da madri alimentate con semi di lino era superiore del 39% e del 25% rispetto a quella dei figli le cui madri avevano ricevuto solo caseina o caseina con fibre e olio di soia.
Al contempo, il peso relativo del cervello dei ratti che durante lo sviluppo intrauterino avevano ricevuto semi di lino era superiore del 37% rispetto agli animali che avevano ricevuto solo caseina, e del 31% rispetto a quelli che avevano ricevuto caseina, fibre e olio di soia.
Un altro studio pubblicato sulla rivista Clinical Cancer Research sul numero in uscita il 1 agosto 2006 pubblica i risultati di uno studio di alcuni ricercatori dell’Università di California in Los Angeles (UCLA) sulla correlazione tra gli acidi grassi omega-3 e la progressione del tumore alla prostata.
In particolare i ricercatori dimostrano che un’alimentazione contraddistinta da un rapporto omega-3/omega-6 elevato è in grado di ridurre il tasso di crescita del tumore alla prostata e i rispettivi livelli della proteina antigenica, nota come marker PSA. Questi risultati si riferiscono ad uno studio su un modello animale condotto su ratti affetti da tumore alla prostata relativo a squilibrio ormonale.
Questi sono solo alcuni degli studi che mettono in relazione positiva gli omega 3 con riduzione di patologie cardiovascolari,tumorali e nervose. Pensando sempre che ci vuole un giusto equilibrio nell’alimentazione, si puo’ dire che un maggior consumo di omega 3 sia da fonti animali(pesce…) che da fonti vegetali(semi di lino,noci…) possa contribuire ad un maggior stato di salute fisico e psichico.
Bibliografia:
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Dr.Cesare Barbieri
Biologo nutrizionista
Modena
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