Lo psicologo britannico Baron Cohen (2012) ispirandosi alla teoria dell’attaccamento di John Bowlby ha evidenziato nel suo saggio ‘La Scienza del Male. L’empatia e le origini della crudeltà’ (2012), come sia fondamentale per ogni bambino poter avere una base sicura rappresentata dal suo care-giver (chi si prende cura).
Dunque chi si prende cura in modo equilibrato di lui aiuta il bambino a gestire la propria ansia e a sviluppare la fiducia in se stesso e nella sicurezza del rapporto.
Questo consente al bambino di costruire quella che Baron Cohen chiama “una pentola d’oro” che l’autore descrive con queste parole: ” ciò che dà al bambino chi se ne prende cura in quei primi anni critici è come ‘una pentola d’oro interiore’. L’idea […] è che ciò che un genitore può dare al figlio colmandolo di emozioni positive è un dono più prezioso di qualsiasi cosa materiale […] è qualcosa che il bambino può portare con sé tutta la vita […] è ciò che conferisce all’individuo la forza di affrontare quelle sfide, la capacità di riprendersi dalle avversità, la capacità di mostrare di soffrire e gioire nell’intimo con gli altri e nelle relazioni con gli altri.
Uso questa premessa per far comprendere che ci sono degli eventi e delle esperienze traumatiche nella vita di molti bambini. Quelli che sono descritti nell’approccio EMDR come traumi grandi (T) e significativi (incidenti, abusi) e quelli che sono esperienze ripetute traumatiche nella quotidianità (t).
Nell’esperienza di molti bambini la loro conoscenza del trauma é data dall’esposizione alla violenza domestica.
Questo comporta dei multi-traumi che comportano delle conseguenze estremamente significative, dimostrate da ricerche recenti anche a livello cerebrale.
I circuiti cerebrali si sviluppano con modalità legate alla loro attivazione.
Le nostre esperienze di vita, in particolare quelle che si verificano nei primi anni di vita, possono condizionare le connessioni neurali e l’organizzazione delle attività del nostro cervello.
Ci sono atti di violenza identificabili: la violenza sessuale, fisica, l’abuso emotivo, l’essere testimoni di violenza e atti di omissione ( bisogni fisici ed emotivi non soddisfatti, la mancata disponibilità genitoriale, la non protezione).
Alcuni di questi atti sono presenti nell’esperienza quotidiana del bambino che assiste alla violenza domestica e spesso nei protocolli dei progetti che si occupano di donne vittime di violenza a questi traumi viene riservata poca attenzione o l’intervento viene differito nel tempo.
Quando si vive un trauma la prognosi migliora quanto prima si interviene.
Aiutare a dare un senso a un trauma dell’attaccamento aiuterà a limitare le conseguenze per la futura vita relazionale della vittima anche se indiretta.
Le esperienze infantili sfavorevoli sono associate al 44% delle psicopatologie durante lo sviluppo e al 30% negli adulti.
Nel caso della violenza domestica il danno sui figli è permanente e proporzionale al tempo di esposizione alla violenza.
I danni indiretti sui figli sono molteplici: si va dal danno psicologico, ovvero disturbi della personalità diagnosticati come disturbi alimentari, lipotimie, ansia, panico, tagliarsi il corpo, tentativi di suicidio ecc, al danno sociale, parlando del quale ci riferiamo a difficoltà di socializzazione a scuola e con i compagni seguita da incapacità a far valere i propri diritti.
Esiste, poi, un danno culturale con il rifiuto di progettare una famiglia ampiamente diffuso tra i bambini testimoni di violenza per paura di riprodurre un copione familiare che ha causato loro una profonda sofferenza.
Vi é poi il rischio morale, ovvero la difficoltà di scegliere tra bene e male con rappresentazioni di morte desiderata per colui che compie la violenza contro la madre:” lo uccido, a me non possono fare niente perché sono minorenne e tu sei salva”.
Il danno esistenziale é un altro rischio pesantissimo per la piccola vittima di violenza poiché, nel sentire la mancanza di un padre del quale andare orgogliosi, la figura maschile é controversa nella mente e nel sentimento che il bambino sperimenta verso il padre.
Quanto detto sin qui argomenta anche se in maniera sintetica l’importanza di prevedere stabilmente dei protocolli di sostegno psicologico, volti ad aiutare le piccole vittime di violenza assistita.
Altrimenti il rischio é che certi copioni si trasmettano a livello transgenerazionale e i traumi subiti diventino dei fantasmi terribili con cui affrontare la vita presente e futura.
Grazia La Manna
Psicologa psicoterapeuta analitico transazionale
Specializzata EMDR
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