Il prurito (fastidiosissima sensazione soggettiva che induce al trattamento o alla confricazione) può manifestarsi in corso di patologie cutanee (eczemi, parassitosi, lichen, ecc.) o in totale assenza di queste (prurito sine materia). La frequenza e la distribuzione per fasce di sesso e/o età non è statisticamente valutabile, poiché troppo spesso automedicato, trattato dal farmacista, dal medico di base, da qualsiasi altro specialista, sottovalutato dal paziente e quindi trascurato, sfuggendo così all’osservazione dermatologica e ad ogni tipo di indagine statistica. La sua frequenza è, comunque, certamente molto elevata potendo colpire entrambi i sessi in ogni fase della vita, dall’epoca neonatale all’età più avanzata.
In quanto sensazione puramente soggettiva, non vi è apparecchiatura biomedicale in grado di valutarne intensità, durata, tipo, in maniera oggettiva. Esso viene vissuto secondo la sensibilità individuale e può incidere profondamente sulla qualità della vita del soggetto colpito e del suo entourage.
Il prurito, soprattutto se sine materia, può essere di natura allergica (IgE mediata), puramente psicosomatica, o pseudoallergica (psudoallergic reaction, da liberazione diretta di istamina)
Diverse sono le varietà cliniche del prurito: prurito sine materia, prurito senile, prurito acquagenico, prurito psicogeno, prurito patofobico, prurito venereofobico, prurito parassitofobico (malattia di Ekbom). In tutti questi casi la sensazione soggettiva può essere di tipo puntorio o urente; l’andamento può essere acuto, accessionale, continuo, cronico (se ha una durata superiore a sei mesi), cronico ricorrente; la localizzazione può aversi su tutta la superficie corporea o limitarsi ad un singolo distretto cutaneo (volto, capillizio, genitali, ecc.); le fasi di acuzie o di riacutizzazione possono essere indotte da assunzione di cibi o bevande calde e/o piccanti, alte temperature, stress emozionali, farmaci (eritromicina, aspirina, fenotiazine, steroidi anabolizzanti, ecc.), alimenti (cioccolata, pere, mele, albume d’uovo, latte, ecc.), abbigliamento incongruo (lana, fibre sintetiche, ecc.).
In tutte le sue varianti cliniche il prurito può essere il primo sintomo di patologie cutanee e/o sistemiche (alcune delle quali particolarmente frequenti in età senile) non ancora manifestatesi in maniera eclatante quali: diabete mellito, amiloidosi, anemia sideropenica, dermatite atopica, scabbia, pediculosi, linfoma di Hodgkin, ipo o ipertiroidismo, policitemia vera, sensibilizzazioni allergiche, neoplasie di vario tipo, parassitosi intestinale, ecc., o anche patologie di tipo psicologico o psichiatrico o, molto più semplicemente, dovuto al tipo di cute (cute seborroica, ad esempio) o allo stato di gravidanza. Il riconoscimento di queste situazioni è determinante nella scelta della strategia terapeutica.
Da quanto detto appare quindi del tutto ingiustificato, in particolare nel soggetto anziano, l’approccio terapeutico spesso effettuato in maniera semplicistica prescrivendo antistaminici e/o cortisonici per via generale e/o locale tout court, in assenza di una accurata indagine anamnestica e di indagini bioumorali e strumentali atte ad individuare l’eventuale patologia sottostante.
Per quanto riguarda il “Prurito Senile” va chiarito che tale diagnosi può essere applicata solo al soggetto in età avanzata che si gratti in assenza di patologie cutanee e/o sistemiche (un soggetto anziano diabetico non ha dunque un prurito senile ma un prurito diabetico, se soffre di carcinoma gastrico avrà un prurito paraneoplastico non un prurito senile!) e non presenti squilibri elettrolitici, carenze nutrizionali, anoressia senile. Quest’ultima troppo spesso misdiagnosticata e/o sottovalutata.
Il vero “ prurito senile” è provocato dallo stato della cute che in questa epoca della vita si presenta grinzosa, diselastica, ruvida, finemente desquamante, secca, sottile, pallida, disidratata (povera d’acqua) e alipica (povera di sebo per riduzione quali-quantitativa dell’attività delle ghiandole sebacee; negli uomini ciò avviene in maniera graduale dopo i 70 anni, nelle donne in maniera brusca dopo i 50). A volte, per controllare il prurito senile, anche feroce, basta la semplice applicazione di un olio (olio di vaselina, olio di mandorle dolci o anche quello di oliva, quello da cucina), fornendo quindi alla cute un po’ di quei lipidi che fisiologicamente le mancano. Ma per migliorare (e nei limiti del possibile ripristinare) lo stato di eutrofismo cutaneo, e quindi controllare il prurito, è necessario procedere in maniera più razionale e meno estemporanea. La prima tappa, e spesso l’unica e fondamentale, per ottenere il risultato voluto è intervenire sulle modalità di detersione cutanea, a cui fare seguire l’applicazione di prodotti reidratanti, nutrienti, elasticizzanti e l’assunzione di integratori alimentari che mantengano ed amplifichino i risultati ottenuti già con la semplice detersione.
Analoghe considerazioni, nelle linee generali, vanno fatte per il prurito (quando non è provocato da allergia) dei soggetti atopici, giacché la loro cute è tendenzialmente secca.
La detersione, in particolare nel soggetto anziano e nell’atopico, non deve essere intesa come semplice e banale rimozione dello sporco dalla superficie corporea, ma come vero e proprio intervento terapeutico. Nell’affrontare il problema della detersione cutanea bisogna partire dalla considerazione che già l’acqua di per sé, e quella calda in particolare, asporta in circa l’80% dei lipidi di superficie della cute mentre i detergenti asportano soprattutto i lipidi intercorneocitari con danneggiamento delle membrane cellulari ed aumento della perspiratio insensibilis (l’evaporazione acquea transcutanea). Il risultato di una detersione mal fatta, soprattutto nell’anziano e nell’atopico, non può dunque essere altro che l’accentuazione della secchezza cutanea e, conseguentemente, l’aumento del prurito. Da quanto detto si evince che sarà preferibile praticare una rapida doccia con acqua non troppo calda piuttosto che un prolungato bagno in vasca, utilizzando per la detersione prodotti non troppo aggressivi e preferendo le forme liquide (personalmente le preferisco alle forme in saponetta), gli olii o le creme detergenti, poiché meno irritanti. In esse, inoltre, è più facile incorporare idratanti, umettanti, ecc. per limitare la secchezza ed il senso di stiramento della cute, conseguente alla detersione. Tutto ciò è più facile da ottenersi con i syndet (essenzialmente miscela bilanciata di tensioattivi e additivi; in acqua mantengono il pH iniziale) rispetto al sapone naturale (sale sodico o potassico di acidi grassi insaturi) che, una volta disciolto in acqua, presenta il viraggio del pH verso l’alcalinità (e ciò anche nel caso del così detto sapone neutro). Il problema del mantenimento pH su valori moderatamente acidi è importante giacché l’alcalinizzazione provocata dai normali saponi può indurre nuovi danni alla cute, tra cui favorire l’attecchimento di flora microbica patogena. Per inciso, vale qui ricordare che nei moderni prodotti per l’igiene potere detergente e potere schiumogeno non sono strettamente correlati, dipendendo la schiumosità dal tipo di tensioattivi utilizzati: il prodotto che produce più schiuma non è detto che abbia maggiore potere detergente.
Dopo la detersione, e nei giorni eventualmente intervallari tra una doccia/bagno e l’altro, bisogna ridare alla cute i lipidi persi con essa, e che la cute senile non ha già di per sé, applicando creme/latti/mousse idratanti contenenti prodotti quali collagene, acido ialuronico, urea, glutammato di sodio, ecc. o cold cream, olii, mentolo, ecc., stando però attenti a non provocare allergie da contatto. Da notare che il mentolo, che notoriamente provoca una sensazione di freschezza sulla pelle, può provocare crisi anche violente di orticaria nei soggetti che soffrano di orticaria a frigore (orticaria da freddo). Buona norma è evitare i prodotti alcoolici quali profumi o dopobarba, che accentuano la disidratazione cutanea, e l’applicazione locale di prodotti contenenti antistaminici o anestetici per il rischio di allergie o, in estate, di fotoallergie. Trattamenti alternativi possono essere rappresentati da prodotti a base di capsaicina, antagonisti degli oppioidi, alfaidrossiacidi.
Un qualche ausilio allo stato nutrizionale della cute, e quindi al controllo del prurito può derivare dall’assunzione di integratori alimentari ricchi di vitamine ed anti radicali liberi (ma senza eccedere e consigliandosi con il proprio dermatologo).
Circa i cortisonici per applicazione locale va detto che, pur essendo possibile un loro prudente utilizzo, essi sono molto spesso inutili giacché i trattamenti già citati possono ottenere i risultati desiderati senza il rischio di effetti collaterali da steroidi, quali assottigliamento della cute, smagliature cutanee, ecc.
La somministrazione di antistaminici, cortisonici, ecc. e/o la terapia locale potranno solo cooperare a tenere sotto controllo il sintomo prurito ma non risolvere alla base il problema.
Un aspetto, in fine, da non ignorare o sottovalutare nell’affrontare il problema del prurito senile è la sua possibile origine psicosomatica, spia cioè di un malessere interiore dell’anziano che deve essere adeguatamente affrontato nelle sedi opportune e dal personale competente. Infatti, la perdita del ruolo sociale (in particolare dopo il pensionamento o la perdita del posto di lavoro), l’isolamento sociale, la solitudine per la perdita del coniuge e/o la lontananza e l’abbandono (reale o presunto che sia) da parte dei figli troppo assorbiti dalla propria quotidianità (sindrome del nido vuoto), la riduzione sino alla perdita della propria autonomia fisica, l’ossessiva ripetizione dai e sui mass media “… i giovano devono lavorare per pagare la pensione ai vecchi…” (ma loro la pensione se la sono pagata con anni e anni di contributi !), portano l’anziano a sentirsi un essere inutile, un peso per la società, un reietto. Di qui la facile insorgenza di uno stato depressivo che può portare, associato ai citati cambiamenti della cute senile, all’acuirsi della sensazione pruriginosa ed al grattamento anche feroce: autococcolamento, autopunizione della propria inutilità o di pregressi “scheletri nell’armadio”, o anche una ricerca spasmodica di attenzione, di ritorno al centro della scena. In tal caso solo l’intervento della famiglia e/o dello psicologo potrà portare a soluzione; la terapia somministrata (qualunque essa sia) potrà almeno lenire il senso di isolamento e di abbandono, in quanto espressione, comunque, di attenzione prestata alla sua persona.
In alcuni casi, in fine, il grattamento può assumere il ruolo di masturbazione vicaria (il vecchio che si masturba o cerca appagamento sessuale è solo un vecchio sporcaccione, secondo una vecchia e stantia accezione comune che fortunatamente inizia ad essere superata), ricordando che la cute è una zona erogena per eccellenza. L’appagamento di tali pulsioni, naturali e del tutto fisiologiche, è l’unica terapia possibile in tali casi.
Michele Lomuto
Specialista in dermatologia e allergologia
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