Mariti o mogli che assistono il coniuge malato, genitori che si occupano di un figlio con una disabilità fisica e/o psichica, figli che si prendono cura di uno o entrambi i genitori: questi sono i CAREGIVERS
Persone così troppo impegnate ad occuparsi del familiare malato da dimenticare se stesse: molto spesso riducono all’osso il proprio spazio personale, vissuto a volte con buoni dosi di senso di colpa.
Nel creare una relazione fortemente sbilanciata verso le esigenze di cura, in realtà i caregivers sono portatori di tanti bisogni: innanzitutto quelli pratici e poi quelli emotivi.
Un bisogno prioritario, all’inizio della malattia, è quello dell’informazione:
“In che consiste la malattia di mio marito, di mio figlio, di mio padre, di mia madre etc… , cosa mi devo aspettare? Che impatto avrà sul mio congiunto, cambierà anche lui/ lei, come potrò aiutarlo?”
Un altro bisogno importante è quello del sostegno pratico:
“ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a sollevarlo, a fargli il bagno, che mi sbrighi le pratiche per ottenere la 104 etc…”
Accanto a questi bisogni, ce ne sono altri più emotivi:
in genere sono più difficili da accogliere dentro di sé.
Sono spesso tenuti sotto controllo con l’idea che “se li faccio uscire, mi indeboliranno” rompendo un equilibrio che se pur precario, è necessario per stare accanto al familiare ammalato.
Ne mio lavoro, l’ascolto emotivo dei familiari mi ha fatto spesso registrare qualcosa di diverso.
Condividere esperienze comuni, come accade nei gruppi di sostegno o in quelli di autoaiuto, permette di sentirsi meno soli: allargando così la propria rete sociale le persone escono dall’isolamento nel quale si sono ritrovate trovando suggerimenti pratici, punti di vista diversi, non ultimo sostegno emotivo.
I bisogni emotivi sono tanti e personali.
Essi possono dipendere dalla personalità del caregiver, dalla sua storia, dalla relazione con la persona che accudisce che inevitabilmente si modifica, a volte esasperandone toni emotivi,
dal tipo di malattia che può rendere la persona malata più o meno autonoma, più o meno collaborativa, più o meno presente a se stessa.
Da qui e da molto altro che non viene riportato, emergono i tanti bisogni tra i quali:
come gestire: lo stress, il proprio tempo, la comunicazione emotiva con la persona malata,
il senso di impotenza e le tante emozioni, spesso contradditorie che accompagnano il lavoro di cura
e molti altri che riguardano l’esperienza unica ed individuale che ciascuno può sperimentare.
Dott.ssa Cristina Buccheri
Psicologa Psicoterapeuta
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